Una volta l'intera superficie era il circo dell'imperatore Caligola. La statua dell'apostolo con i doni del Signore rendono Roma Celeste emblema della misericordia universale

Tu sei Pietro e a te darò le chiavi del regno dei cieli.

Matteo 16,19

Il perdono è a Roma. Non perché la compassione non si trovi pure in altri luoghi cristiani. Ma perché, per eccellenza, la Città Eterna è residenza “storica” della misericordia che viene dal Cielo e va concessa a ogni peccatore. È ben scritto nella Prima lettera di Pietro rivolta ai fedeli: “Mèta della vostra fede è la salvezza delle anime”. E poi ci sono almeno altre tre ragioni che ancora meglio spiegano il primato: fu Pietro a ricevere direttamente da Gesù il compito di erigere la chiesa; l’apostolo la costruì nella città sede del governo dell’Impero romano e ottenne da Cristo un altro importante lascito: “A te [Pietro] – è scritto nel Vangelo di Matteo 16,19 – darò le chiavi del Regno dei Cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.

Oggi questa eredità “celeste” è riassunta nella maestosa statua del santo sul sagrato vaticano. Pietro stringe in una mano le due chiavi regali e con lo sguardo si rivolge ai pellegrini che lo seguono da terra. A pochi metri di distanza si erge una figura marmorea di eguali dimensioni, anch’essa santa, raffigurante l’altro pilastro della cristianità: san Paolo. Porta con sé spada e libro, rispettivamente simboli della ferrea volontà che domina anima e corpo e della conoscenza che si deve cercare e si può acquisire.

Le due sculture furono commissionate da Gregorio XVI e alloggiate sul finire della prima metà dell’800. L’area che si calpesta conserva anche altre memorie. Nel I secolo d.C. le terre del colle Vaticano erano dell’imperatore Caligola. Qui c’era il suo circo con l’obelisco (ora in piazza San Pietro) e qui in seguito Nerone divenne padrone di tutto decretando il martirio dei cristiani per l’incendio di Roma nel 64, compresi Pietro e Paolo.