“Una controversia tra due stampatori veneziani e cristiani circa i diritti per la pubblicazione di un’opera di Maimonide determinò, paradossalmente, il rogo dei libri del Talmud nella città di Roma (9 settembre 1553).
Non vi è un nesso apparente fra i due fenomeni ma va tenuto conto che della disputa fu informato il papa Giulio III (1550-1555) il quale, invece di risolvere la suddetta contesa, su indicazioni di due ebrei convertiti al cristianesimo, decise di mettere sotto inchiesta il Talmud come testo offensivo nei confronti delle figure di Gesù e di Maria. L’esecutore della volontà del Papa fu l’allora Cardinale Gian Pietro Carafa, capo del Tribunale del Sant’Uffizio e futuro Paolo IV, ovvero il pontefice che istituì il ghetto di Roma nel 1555.
Una vicenda che, se non fosse drammatica, sarebbe grottesca e va inquadrata all’interno del mutato clima nei rapporti fra la Sede apostolica e gli ebrei che maturò nel corso del XVI secolo quando erano ormai lontani gli anni dei papi artefici del Rinascimento romano. Questi accolsero i profughi espulsi dei territori soggetti alla corona spagnola e portoghese e garantirono a tutte le componenti ebraiche della città (italiane, sefardite e ashkenazite) la possibilità di agire in diversi settori dell’economia e della finanza.
Il rogo del Talmud accadde, non a caso, in pieno Concilio di Trento (1545-1563), ovvero nel momento della riconfigurazione della Chiesa romana a seguito della Riforma Protestante.
Era la premessa a un lungo periodo di reclusione chiamato Era del Ghetto (1555 1870). Nel 2011 la Comunità Ebraica di Roma chiese e ottenne dal Comune di Roma di inserire nella pavimentazione di Campo de’ Fiori, la piazza dove furono dati alle fiamme i testi, una targa in ricordo in quel terribile accadimento, che avvenne il primo giorno di Rosh Hashanah.
Claudio Procaccia
fonte: shalom.it