Si direbbe solo una seduta con due braccioli e quattro gambe di legno vecchio (in uso già nel 366). Invece è uno dei più celebrati simboli dell’autorità “celeste” nel paradiso vaticano

Ed egli, sedutosi, li ammaestrava.

Giovanni 8,2

Il potere della Chiesa in una sedia, la Cattedra di Pietro. Si direbbe solo una seduta con due braccioli e quattro gambe di legno vecchio (in uso già nel 366). Invece è uno dei più celebrati simboli dell’autorità “celeste”, nuova fermata nel paradiso vaticano. Lo scranno è festeggiato il 22 febbraio (stesso giorno in cui fu annunciato il primo Giubileo). E, come spiegava Paolo VI nello medesima data del ‘67, la sedia è “l’autorità che Cristo conferì all’Apostolo e nella Cattedra trova il suo simbolo, il suo concetto popolare, la sua espressione ecclesiale”.

La Cattedra è in fondo alla navata centrale, nel monumento creato nel 1666 da Gian Lorenzo Bernini. Il manufatto è del IX secolo, donato nell’875 dal re dei Franchi Carlo il Calvo a Giovanni VIII e nel 1100 incapsulata con legno di quercia. Sotto alla seduta c’è un pannello composto da 18 formelle di avorio del III secolo raffiguranti le 12 fatiche d’Ercole: l’ultima esposizione è del 1867.

Come ricorda il catechismo della Chiesa cattolica, Cristo ha consegnato a Pietro le chiavi del Cielo e degli inferi per “legare e sciogliere”. Ha concesso all’Apostolo il potere “di pronunciare giudizi in materia di dottrina e di prendere decisioni disciplinari nella Chiesa”. Ma come ha fatto Gesù a capire che il pescatore di Galilea aveva la stoffa del capo? Il Nazareno ha scelto il suo uomo in un luogo preciso, in riva al mare di Tiberiade. La scena è descritta nel Vangelo di Giovanni (21,18). Gesù chiede a Simon Pietro: “Simone, mi ami tu più di costoro?”. E lui: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Replica di Cristo: Pietro, “pasci i miei agnelli”. E di nuovo: “Pasci le mie pecorelle”, fino all’ultimo: “Pasci le mie pecore”, la mia Chiesa.

La Cattedra di Pietro è l’autorità del Papa. “Onorando il magistero gerarchico della Chiesa – concludeva Paolo VI – onoriamo Cristo e riconosciamo quel mirabile equilibrio di funzioni da Lui stabilito, affinché la sua Chiesa potesse perennemente godere della certezza della verità rivelata, dell’unità della medesima fede, della coscienza della sua autentica vocazione, dell’umiltà di sapersi sempre discepola del divino Maestro, della carità che la compagina in un unico mistico corpo organizzato, e la abilita alla sicura testimonianza del Vangelo”.