Santa Maria Maggiore, collocata sul perimetro di “una nevicata permanente” di verginità bianca e piena di candore, sul Colle Esquilino, di cattiva memoria, costituisce uno dei punti fondamentali di Roma.
Costruita per celebrare il dogma della maternità divina di Maria proclamata nel Concilio di Efeso (430), è la basilica che celebra il mistero dell’incarnazione e nascita di Cristo attraverso Maria santissima.
Da questa basilica partono a modo di raggiera, per dimostrare la sua centralità urbanistica, molte strade.
Quasi per far vedere la sua influenza, discreta e potente sulla città.
È il punto più alto di Roma.
È la stella della evangelizzazione, che irradia sul mondo intero la grazia divina.
È da ricordare che qui vengono da sempre i papi per avere il conforto di Maria santissima e la luce per compiere le scelte difficili.
Facciamo anche noi lo stesso.
Un papa come Leone X, principe della sua epoca, fu visto partire a piedi scalzi dal Vaticano camminando sulla neve per arrivare a Santa Maria Maggiore e chiedere sul da farsi su Lutero.
Tutto un esempio. Almeno in questo.
Sarebbe interessante far scoprire il Rosario e prepararlo con immagini dell’interno della basilica per averlo come ricordo.
Non lontano c’è la basilica di Santa Prassede, altra chiesa dell’Apocalisse, che richiama la testimonianza dei martiri.
Si passa dalla tenerezza mariana con S. Maria Maggiore alla vittoria apocalittica dei martiri con Santa Prassede. Due mondi e una sola fede.