È nell'abside di Santa Pudenziana. Le pietre mostrano passato, presente e futuro. È raffigurato l'episodio finale dell'esistenza, quando Cristo giudicherà secondo la legge divina

Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Giovanni 5,24

Passato, presente e futuro: è tutto nel mosaico nell’abside della basilica di Santa Pudenziana in via Urbana, nel rione Monti a Roma. Si direbbe un’ampia anteprima dell’iperspazio, dimensione dove d’improvviso cambia la percezione delle distanze. Gli esperti datano l’opera tra il 410 e il 417 d.C., ritenendola nel suo genere la più antica dell’Urbe e modello ispiratore per le successive espressioni artistiche paleocristiane.

Ma perché quel pannello di tessere colorate è così straordinario e concentra in sé tre frammenti temporali? Secondo la saggistica, Santa Pudenziana rappresenta gli importanti cambiamenti – storico, sociale e spirituale – che avvennero allora nell’Impero di Roma.

La svolta storica. Il periodo “fotografato” dal mosaico è quello in cui la Caput mundi è un gigante che non fa più paura a nessuno. Un tempo l’Impero terrorizzava, ma adesso si sta sbriciolando. Roma è sguarnita. Il giovane imperatore è andato perfino a stare in un’altra città. Per cui, l’invasione dei Goti del 410 d.C. non sembra solo la conseguenza dell’abilità militare di Alarico, ma l’epilogo di uno sfascio imperiale che era già in corso da tempo. L’attacco barbaro genera un duplice effetto: Roma non riesce più a sentirsi grande e inoltre il caos politico e delle armi si rivelano le condizioni migliori per avviare il passaggio di autorità, dalla spada alla croce.

La svolta sociale. I Goti (e non solo) sono molto arrabbiati con Roma. Il motivo è una vecchia questione che ha creato forti rancori nel condominio multietnico dell’Impero. Romani e Greci hanno sempre pensato che solo loro andassero considerati “persone”, mentre gli “altri” dovessero ritenersi semplicemente barbari. Però i credenti non la vedono così. Il concetto “razzista” non è tra gli insegnamenti di Dio, nelle prescrizioni cristiane o nelle prediche del pontefice Innocenzo I. Anzi, viene sempre detto il contrario: tutti sono figli del Signore, chiunque va amato e quindi anche i barbari sono nostri fratelli. Risultato: i Goti depredano la città, ma non tutti i luoghi di culto. I cristiani sono risparmiati. Sembra il soccorso venuto del Cielo che l’opera musiva di Santa Pudenziana ricorda. Nell’ampio quadro artistico, il libro che Gesù tiene aperto nella mano sinistra mostra la scritta: Dominus conservator ecclesiae pudentianae, (Il Signore conservatore della Chiesa pudenziana). Il trasferimento dell’autorità è avvenuto: a salvare il popolo non è stato l’Impero ma la Chiesa.

In ultimo, la svolta spirituale. Il messaggio del mosaico di Santa Pudenziana dice che la caducità della vita può essere superata solo con l’immortalità dello spirito e non adulando gli “dèi”. Un insegnamento-appello che la Chiesa ha sempre veicolato e che un giorno – quello del Giudizio – smetterà di ripetere. E il mosaico mostra la fine dei tempi. Lo fa con i simboli presi in prestito dal guardaroba imperiale. Al centro dell’immagine figura Gesù “Pantocratore” (onnipotente, Signore del mondo), seduto sul trono di Costantino. Attorno a lui, nell’esedra compaiono gli apostoli vestiti con la toga dei senatori romani. E poi, i due gesti di Cristo: con la mano destra sollevata incita i suoi “soldati” all’azione, e nella sinistra mostra il libro della legge divina che gli uomini avrebbero dovuto rispettare e alla quale ora dovranno sottoporsi.

Alle spalle del Salvatore c’è il Golgota (luogo del suo martirio) sormontato dalla croce gemmata (emblema della redenzione). Sullo sfondo la Gerusalemme Celeste con le case dai tetti dorati (sinonimo anche del paradiso, del regno di Dio e della Chiesa).

Poi il cielo, dove aleggiano i quattro evangelisti del Nuovo Testamento, il tetramorfo: l’aquila-Giovanni, il bue-Luca, l’uomo alato-Matteo, il leone-Marco. Infine, in basso Pietro e Paolo stanno per essere incoronati da ghirlande di alloro portate da due donne rappresentanti le comunità convertite dagli Apostoli: rispettivamente, gli ebrei e i pagani. È il mosaico dell’apocalisse.