Egli siede sopra la volta del mondo, da dove gli abitanti sembrano cavallette.
Isaia 40,22
È un miracolo fatto architettura, descritto forma dopo forma, segno dopo segno. Si tratta della rinascita spirituale dell’uomo che ha inizio con l’assunzione dell’Ostia consacrata. Il prodigio è simboleggiato dal monumentale Baldacchino vaticano. Realizzato tra il 1624 e il 1633 da un Gian Lorenzo Bernini neanche trentenne, il capolavoro barocco si trova sopra alla tomba dell’apostolo Pietro. La dottrina della Chiesa spiega che il rinnovamento del cristiano è una trasformazione interiore che, a ogni celebrazione, comincia con la Messa e culmina con l’eucaristia. Il complesso artistico mostra questo percorso. Prima metafora è la vita nuova espressa dalle foglie di vite (ma anche di lauro e alloro) che s’inerpicano rigogliose sulle quattro colonne tortili.
La seconda trasformazione consiste nel transito dell’essere dalla dimensione materiale a quella dello spirito, l’anima passa dall’altare in basso alla sfera in alto sul Baldacchino. Infatti, stando al dizionario dei simboli è proprio l’altare il punto in cui Dio e l’uomo s’incontrano avvolti dallo Spirito Santo, colomba ad ali spiegate che domina sopra la mensa del Signore. Quindi, l’ultimo passaggio metafisico, la coincidenza dell’intimo sentire del fedele con il messaggio cristiano simboleggiato dalla croce in vetta all’architettura.
Sul Baldacchino compaiono anche altri elementi artistici che vanno considerati. Sui marmi e sulle colonne bronzee, infatti, “volano” le api dei Barberini, la nobile stirpe cui appartiene il Pontefice committente di tanta bellezza. Ma non è sempre stato così. Una volta simbolo della casata era il tafano, da cui i Tafani da Barberino. Evidentemente, però, l’aspetto dell’insetto deve essere apparso poco gradevole se in seguito la famiglia ha scelto di farsi rappresentare dalla colorata e laboriosa ape. E c’è un altro soggetto del regno animale che sembra nascondersi tra la vegetazione scolpita sui fusti. È la lucertola. Se ne contano più d’una. Il primo rettile sta a significare la Resurrezione: l’animale cambia regolarmente pelle e la sua coda, se tagliata, è in grado di ricrescere, di rinascere. Il secondo serpentello con le zampe, invece, guarda al Sole, ovvero contempla il divino. Mentre l’ultima lucertola rappresenta il potere di Cristo sul male: tiene uno scorpione nella bocca.
Andando avanti, compare un’altra immagine inaspettata. È un rosario scolpito da Bernini, omaggio alla Vergine Maria alla quale – si legge nei testi dedicati all’opera – l’artista avrebbe dedicato l’intero suo capolavoro.
Le sorprese continuano. Abbassando lo sguardo, sui basamenti del Baldacchino ci sono in successione i volti di una donna – il ciclo della Mater ecclesiae – con espressioni diverse, dal travaglio al parto: la Madre Chiesa mette al mondo il credente. Lo scenario termina con l’ampia tenda distesa sulla superficie superiore dell’architettura. Com’è detto nelle Sacre Scritture, il tessuto sta a rievocare molte cose: riparava gli Ebrei durante l’esodo, richiama la Festa dei Tabernacoli, ricorda i drappi del Sancta sanctorum a Gerusalemme, ed è quello che Pietro voleva offrire al Maestro sul monte Tabor per la Festa delle Capanne, a ridosso dello Yom Kippur. Insomma, è un omaggio.