Vegliano le porte in marmo chiuse alle loro spalle. Ma com'è possibile aprirle? Sembra un rebus. La soluzione è nella simbologia dell'architettura e nel cuore della fede: credere

La parola può salvare le vostre anime.

Lettera di Giacomo 1,21

Roma è anche una sorta di indovinello. Il rompicapo si trova nella basilica di San Giovanni in Laterano. In sostanza dice: chi supera le porte è salvo. Ma dove sono? Precisamente nella navata centrale della chiesa. Si tratta di dodici ingressi: non lavano i peccati (come la Porta santa), non si spalancano pronunciando formule magiche (come il sesamo di Alì Babà) e neppure si oltrepassano risolvendo l’enigma della sfinge. Secondo la simbologia cristiana, varcare gli “archi della felicità” è una prova di fede.

Gli accessi sono alle spalle delle statue dei dodici apostoli in piedi nelle rispettive nicchie progettate da Francesco Borromini, incaricato da Innocenzo X (1644-1655) dei lavori interni alla basilica. Le figure sono imponenti, immobili eppure in apparente movimento.

Alla loro vista, però, sale una domanda: che senso ha mostrare ante chiuse? La risposta si recupera nei testi che fanno luce sulle metafore cristiane. Il pellegrino deve credere senza pretendere di spiegare ciò che non può essere spiegato. Un po’ come lasciarsi cadere sapendo che comunque si sarà afferrati. È questa la soluzione dell’indovinello del Laterano: bisogna affidarsi, lasciarsi andare alla fede e le porte si apriranno. Dice il Vangelo di Matteo (6-5-8): “Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto”. Più esplicito ancora Cristo: “Io sono la porta da cui entrano le pecore… Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,7-9). E le porte di San Giovanni si apriranno.